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  • Sara Tosi

La vittima

Aggiornamento: 6 dic 2020

Vi è mai capitato di sentirvi vittime?

A me un sacco di volte, ma non me ne rendevo conto. Quando ero piccina mi piaceva avere l’idea di avere la febbre, il mal di pancia… così mi avrebbero coccolata di più. Se mi impegnavo per qualcuno e l’altro non mi apprezzava, lo facevo sentire in colpa. A volte, quando le cose non vanno come vorrei, mi pervade un senso di fallimento a cui associo il non essere brava abbastanza nonostante l'impegno. Ci sono giorni in cui mi sento sfigata.

Ora ho imparato a riconoscere questo stato mentale e aiuto i miei clienti a identificare l'atteggiamento mentale della vittima ogni qualvolta:

  • ci sentiamo sfigati: “capitano tutte a me”;

  • ci lamentiamo: “non sono capace, non ce la faccio, nessuno mi vuole bene, non posso cambiare a 40 anni (una volta una cliente mi disse, ormai ho 30 anni), non va bene, oddio ancora…";

  • pensiamo di aver fatto di tutto, ma la situazione non cambia: “ho provato ti tutto, ma non è colpa mia se non cambia nulla”;

  • utilizziamo la malattia per giustificarci: “non sai cosa significa avere la mia malattia”, “tu non puoi capire”;

  • quando siamo spesso insoddisfatti del comportamento altrui: “perché devo cambiare io, non può cambiare lui?”;

  • quando cerchiamo conferme dall’esterno: “tu mi vuoi bene? Ho fatto questo per te e tu invece…”;

  • sentiamo di aver vissuto un’ingiustizia e combattiamo cercando di convincere gli altri dei nostri fermi principi: “questa cosa non la tollero”;

  • il risentimento diventa uno stato d’animo che perdura a lungo: “cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”;

  • sento che il destino è contro di me: “la vita per me ha in riserbo solo cose brutte”;

  • lo stato di vittima peggiora fino al punto di scoraggiarsi, deprimersi, diventare apatici: “non c’è più nulla da fare”;

  • diventiamo ipocondriaci, usiamo i mostri malanni quasi quotidianamente per lamentarci: “ho mal di pancia, ho mal di spalla, oggi proprio sto male, ho mal di testa, mi fa male forte qui… ma non avrò qualcosa di grave?” e giriamo tutti gli specialisti.

Nella foto Il Salice (Salix vitellina), Willow il fiore che il Dott. E. Bach descrisse per coloro che "hanno sofferto a causa delle avversità o della sfortuna e trovano difficile accettarlo, senza lamentarsene e senza provare risentimento, poiché giudicano la vita in base al successo. Sentono di non aver meritato una prova così grande, lo trovano ingiusto e ne sono amareggiati. Spesso accade loro di provare un interesse minore verso quelle cose della vita che prima facevano loro piacere”.


Quando si creano questi tipo di pensieri o quando sentiamo rabbia nel confrontarci con essi o ci sentiamo incompresi per la situazione che stiamo vivendo, possiamo praticare gentilezza e amorevolezza verso noi stessi perché:

  • forse dentro di noi, c’è una BAMBINA/O interiore che ha sofferto e che cerca la nostra attenzione, che ha bisogno di un abbraccio e che ha bisogno di credere di più in se stessa/o per diventare un adulto/a in grado di prendere in mano la sua vita;

  • può essere che nostro cervello abbia immagazzinato delle convinzioni che ci propone come pensieri facendoci sentire delle vittime. In questo caso possiamo creare delle NUOVE PISTE NEURONALI per vivere una vita più vibrante e soddisfacente;

  • possiamo credere nelle diagnosi, ma non nelle prognosi. Sono andata a guardare il significato di prognosi e il dizionario riporta che la prognosi (dal greco: pro-, "prima" + gnòsis, "conoscere, sapere") è un giudizio di PREVISIONE sul probabile andamento della malattia. La previsione non indica quindi una realtà del momento presente, ma qualcosa che probabilmente accadrà nel futuro. Possiamo così rimboccarci le maniche per impegnarci a rafforzare la nostra salute con l'alimentazione, l'esercizio fisico e la meditazione, con disciplina e pratica quotidiana;

  • abbiamo perso la fede e la SPERANZA. In questo caso abbiamo bisogno di un raggio di sole che scacci via le nuvole scure, di una guida che ci mostri come direzionare l'attenzione dentro di noi per coltivare una vera speranza che ci possa dare forza e chiarezza.

  • siamo irretiti nel nostro SISTEMA FAMIGLIARE. In questa situazione ci sentiamo in trappola come se non avessimo altra via d'uscita se non continuare a fare quello che il sistema, spesse volte quello famigliare, ci impone di fare. Non sempre questa situazione è conscia, ma possiamo riconoscerla e liberarci dall'irretimento grazie al metodo delle Costellazioni famigliari. Questo tipo di lavoro è per me e per le persone a cui lo consiglio una risorsa molto utile per riappropriaci della nostra vita e serenità.

  • non siamo pronti. Anche se il tempo scorre uguale per tutti ognuno di noi ha una sua misura interna, individuale, che è importante rispettare. Cambiare certe attitudini richiede pazienza e tenerezza verso noi stessi. Atre volte abbiamo ancora "bisogno" di sperimentare i nostri stati mentali "malsani", perché hanno una funzione specifica all'interno della situazione che stiamo vivendo.


"Ognuno di noi sente ogni tanto di essere vittima di ingiustizie. Siamo sempre pronti a parlare con gli altri delle nostre sofferenze e di quante ingiustizie abbiamo ricevuto. Ma secondo gli insegnamenti del Buddha, potrete riparare a quella ingiustizia soltanto dentro di voi, potete solo trascenderla, trasformandola. Non cercate di sopportare, non sopprimete la vostra sofferenza, praticate soltanto per far sì che il vostro cuore si espanda come il fiume e allora non dovrete sopportare niente, non ci sarà bisogno di soffrire. Questa è la vera pratica della pazienza. Nell'insegnamento buddhista la pazienza non è cercare di mandar giù l'ingiustizia o di sopportarla, ma di abbracciarla interamente con il nostro grande cuore." Thich Nhat Hanh.


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